SpazioRock Review

Una camicia a quadri, con righe orizzontali di Soundgarden e linee verticali di Bush, cotone misto tra qualità Pearl Jam e Nirvana, ma non è Made in Seattle. Sull’etichetta si legge “Made in Rome”, anche se il Grunge presentato è genuino al 100%. Gli Acid Muffin sono un trio italiano formatosi nella Capitale poco più di quattro anni addietro, ma con un’esperienza ed influenze che provengono direttamente dall’ultimo decennio del XX secolo. La cosa bella e paradossale è che questo “Nameless” non risulta minimamente anacronistico, o meglio, ti catapulta direttamente nella seconda metà degli anni ’90 con una naturalezza invidiabile.”Around The Hole” è un ottimo mix tra Stone Temple Pilots e Bush, “Just Another Way” ha quel fascino che, se fosse stata presentata tra il 1994 ed 9l 1996, avrebbe spartito una fetta di gloria con “Everything Zen” e “Machine Head”, “On The Skin” prende in prestito un qualcosa di “Bleed Weel” degli HIM e qualcosa di “Sea Of Memories” dei pluricitati Bush, per poi inacidire il tutto con passaggi di basso taglienti e batteria pestata come si deve.Se così descritti vi sembrano brani molto derivati, avete in parte ragione ed in parte no. È palese il grandissimo ascendente che la band di Gavin Rossdale ha sugli Acid Muffin, sia per gran parte degli arrangiamenti, sia soprattutto per l’impostazione vocale adottata da Marco Pasqualucci, ma è altrettanto invidiabile la capacità che questi ragazzi hanno nel miscelare le proprie conoscenze ed influenze per presentare un EP di tale qualità.Cinque brani che faranno la felicità dei fan del Grunge e dei Bush in particolare, cinque brani che comunque non possono non incuriosire l’ascoltatore amante del rock. In attesa di un full lenght, non possiamo che complimentarci ed ascoltare ancora una volta, per l’ennesima volta, questo “Nameless”.spaziorock.it/review

BandsBook Review

Semplici e irruenti, gli Acid Muffin reincarnano la perfetta classicità rock degli anni 90, puro grunge, caldo ed epico come la prima metà del decennio in questione.Nati nel 2010 dalla mente di Marco Pasqualucci, (chitarra e voce), e Andrea Latini (batteria), la band raccoglie da subito i primi entusiasmi, e da duo si trasforma in trio con Matteo Bassi (basso).Cinque brani di notevole impatto, costruiti su strutture rock dense e melodie ariose, nel rappresentare una generazione ferita e disillusa, racchiusi in Nameless, che già dal titolo vuol sottrarsi ad ogni etichettatura, dal momento che, nonostante vengano classificati come artisti grunge, hanno da tempo imboccato una loro direzione.“Around the Hole”, dalle atmosfere che ricordano quelle di Seattle, è veloce, aggredisce i muri sonori da più lati, grazie a quella chitarra che non stucca mai, e quella voce che rende interessante ogni passaggio.Chitarra che diventa più docile in “Nothing Inside”, orecchiabile e caratterizzata da fraseggi all’occorrenza energici e misurabili, dall’intro ritmata e calibrata, sound robusto e corposo in grado di catturare già dopo i primi secondi.Sebbene le chitarre pesanti imitino la luna storta del rock anni 90, l’album continua a suonare molto originale: basta ascoltare “Frozen Shiver”, dagli arrangiamenti niente male, giusto compromesso tra facili melodie e musica ad alto voltaggio, che raccoglie i punti di forza del disco.L’EP non è scevro dalle evidenti contaminazioni di altre band, ma efficaci variazioni nell’uso della chitarra e del basso colmano di effettistica tutte le tracce.Ed è doveroso menzionare come l’album, più che un progetto improvvisato, si presenti soprattutto come un lavoro di qualità.Il loro centrifugare il rock che abbiamo tanto amato con molto di personale, ha fatto sì che il trio romano sfornasse un EP contenente brani dal comparto strumentale rifinito e godibile.Sta di fatto che i nostri ragazzi diventeranno una pietra di paragone decisamente importante nel panorama italiano.bandsbook/review